Guardò il mare correre sotto i suoi occhi mentre il treno ripartiva: un immenso abbraccio che si appoggiava sinuoso a carezzare una lingua di spiaggia chiara.
"è la prima volta che vieni qui?" chiese il signore bonario di fronte a lei.
"sì, mai venuta prima. si nota tanto?"
"già, sembri una bambina che guarda un nuovo giocattolo" rispose bonario l'uomo che aveva di fronte.
Sorrise e tornò attenta a guardare il paesaggio che le correva in fianco, rimanendo assorta nei suoi pensieri e nelle sue attese anche quando le gallerie inghiottivano ogni immagine assordandole le orecchie e rimbombandole in testa.
Non passarono molti minuti che l'altoparlante scandì il paese di Patti come prossima fermata. Dafne sussultò, come svegliata d'improvviso dal correre dei suoi sogni, si alzò e, guardando interrogativa il capostazione, si portò verso la sua valigia nel corridoio.
come se fossero stati organizzati da un invisibile coreografo tutti si organizzarono per scendere; Dafne li guardava quasi estasiata: tutti si aiutavano, anche non conoscendosi, a far scendere le valigie.
"dai su! tu non ti muovi? passami la valigia"
Si girò: era il capostazione che la chiamava, era già sceso e le tendeva la mano per prendere la valigia. Si sentì come una bambina imbranata che non avesse mai viaggiato da sola, incapace di organizzarsi per una semplice discesa da un treno. In effetti odiava fare viaggi lunghi o con bagagli pesanti: era sempre riuscita a combinare guai, inciampare, perderli per strada finché rincorreva un treno in ritardo; una volta le si era pure aperta una valigia al check in prima di prendere un aereo.
Prese la valigia e la porse al signore, scoprendo stupita che il signore bassetto che le stava di fronte in realtà era dotato di una forza inimmaginabile: prese e spostò con facilità il borsone e l'aiutò a scendere, oppressa dallo zaino che portava sulle spalle.
salutò e s'incamminò con i suoi bagagli verso l'esterno della stazione.
Si guardò intorno e vide solo sole, un piazzale deserto e spoglio, senza alberi, senza nessuna delle bellezze che s'immaginava ad attenderla.
"Dafne!!" un urlo la raggiunse stridulo all'orecchio destro: una ragazza stava correndo verso di lei, affannata e accaldata, le guance rosse per il caldo sotto la lieve abbronzatura, bassina, le gambe decisamente importanti sbucavano da una gonna a tubo che si fermava appena sotto il ginocchio e le dava almeno 10 anni più di quelli che doveva avere. Gli occhi neri, luminosi e fuggenti squadravano ogni passante tra i passeggeri appena scesi dal treno; i capelli ricci, crespi e ribelli, incorniciavano il viso donandole un aspetto da bambola di porcellana. Quel viso, quel corpo, sembravano talmente diversi da non appartenere alla stessa persona, eppure insieme davano a quella ragazza l'aspetto del tempo che corre e si ferma nello stesso istante: il viso da bimba in un corpo cresciuto per star dietro alla sua stessa impulsività. Un'opera di un artista un po' matto ma con buon gusto.
giovedì 17 luglio 2008
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