Capitolo sette
Ma che è una mania questa?!?!? Ma è modo, dico io, di suonare alle 7 di mattina?
Per una volta che posso dormire, accidenti!!! Non ho nemmeno lezione e mi tocca svegliarmi all’alba comunque! Chi sa chi è ora… Di sicuro quel povero Pietro sarà ancora impegnatissimo a parlare con metà della mia facoltà. Peccato.
Vado ad aprire vestita come sono: tuta da casa e calzette con l’orsacchiotto…. Tanto ormai, mi hanno vista in tutti i modi: non mi fa più caldo né freddo cosa possano pensare di me. Inoltre scommetto che la vicina bisbetica ha visto la macchina della polizia parcheggiata fuori di casa. E pensare che fin’ora ero riuscita a nascondere le mie passeggiate notturne….
Che strano: al videocitofono non si vede nulla. Aspetta, sembra che ci sia un’ombra…
Non è che mi fidi molto. Chiamo il cane, più per abitudine che per sicurezza. Lei scende più in fretta del solito, sembra quasi contenta. Esco di casa dalla portafinestra che dà sul giardino: pensare che una volta le dame lo facevano per guardare e non farsi vedere, io lo faccio solo perché sono due giorni che ho una dannata paura praticamente di qualsiasi novità. Che sia la coscienza sporca? Eppure dormo benissimo io, almeno se mi lasciano dormire, accidenti!
Il cane mi passa in fianco uscendo felice, poco ci manca che mi mandi addirittura a terra. Torna altrettanto in fretta, correndo come una matta. Mi preoccupa un po’ questo cane: dà davvero confidenza a chiunque. E per di più io vado a fidarmi delle sue reazioni, fessa che sono. Torna contenta con un peluche nuovo: chi mai gliel’avrà dato? Non mi piace che prenda in bocca qualsiasi cosa le venga offerto da dietro il cancello.
L’orsacchiotto è bellissimo, morbido e nuovo, il profumo ancora di negozio. Sarà grande come la mia testa almeno. Speriamo che non ci sia niente di pericoloso.
Lo appoggio sul tavolo in giardino e vado al cancello. Ora più che spaventata sono davvero furiosa: ma è modo? Da quando in qua si regalano orsacchiotti dandoli in bocca al cane?
Davanti al cancello non c’è più nessuno: solo un sacchetto di carta sotto al cancello in ferro battuto. Ma insomma!!! Se è uno scherzo non è carino. Ti pare che proprio ora che non frequento nessuno dal nulla devono apparire mille sorprese da innamorati?
Apro il sacchetto: un profumo di briosche appena sfornata riempie l’aria. Ad un dolce caldo di mattina non si dice mai di no. Addento il profumo come fosse un uomo e non riesco proprio a capire chi può essere il famoso corteggiatore, sempre che corteggiatore sia e non sia uno dei mille pazzi scatenati che riesco sempre a colpire.
Ma che è ‘sta cosa? Ho morso un pezzetto di carta, quasi a rischio di mangiarlo! Se scopro chi è il simpaticone non so cosa gli faccio. Ci manca pure che ci abbiano messo il gutalax oltre al biglietto…
“un dolce risveglio visto che non potrò rivederti a breve. L’orsacchiotto è a prova di bambino, quindi il cane non può soffocarsi con l’imbottitura. A proposito, non mi ricordo come si chiama. Dovrei anche dirti che Fabrizio Tempo è stato rilasciato per insufficienza di prove e che non passeggerei nelle vigne la notte se fossi in te.”
Ottimo: ci mancava anche questa. Chiusa in casa perché un forse assassino potrebbe forse sapere che forse ho detto qualcosa su di lui. Sarà davvero pericoloso?
A me non sembra: più che altro indisponente, ma pericoloso no di certo. Chi vivrà vedrà. Bisogna vivere però.
martedì 17 marzo 2009
sabato 14 marzo 2009
omino del tempo: continua?
Mai e poi mai avrei pensato che una persona così incostante e scortese potesse essere elogiata tanto. E da chi poi? Dai suoi stessi alunni che lo insultavano fino a pochi giorni fa!
Come me, altri erano stati bocciati, come me, altri si erano sentiti dire cose irripetibili, come me, altri gli avrebbero fatto di tutto per fare in modo che non potesse più muoversi da solo sulle sue gambe.
E ora? Ora tutti a considerarlo l’esempio dell’università italiana, tutti ad amarlo, tutti a cambiare la maschera.
Se il caro ispettore di polizia deve andare a fare domande a tutti come ha fatto a me, non se la può cavare in meno di una settimana.
Il che significa che difficilmente tornerà presto a salutarmi.
Peccato.
Però nemmeno il mio canuto omino del tempo dovrebbe tornare ad infastidirmi per un po’. Ma che sia vero? Che l’abbia davvero ucciso lui? Non ci credo: troppo debole per fare a pezzi un uomo. Forte nello spirito però.
Mi manca. Autoritario, severo, terrificante. Eppure mi manca. Chissà perché. Forse perché rappresentava le parole nascoste della mia coscienza.
O forse perché siamo gli unici due matti che viaggiano per campi alle una di notte.
Inutile rimanere qui davanti ad una finestra vuota, in ogni caso. Oggi non passerà.
Tanto vale andare a letto anche se manca mezz’ora: mezz’ora in più di sonno non fa male
Come me, altri erano stati bocciati, come me, altri si erano sentiti dire cose irripetibili, come me, altri gli avrebbero fatto di tutto per fare in modo che non potesse più muoversi da solo sulle sue gambe.
E ora? Ora tutti a considerarlo l’esempio dell’università italiana, tutti ad amarlo, tutti a cambiare la maschera.
Se il caro ispettore di polizia deve andare a fare domande a tutti come ha fatto a me, non se la può cavare in meno di una settimana.
Il che significa che difficilmente tornerà presto a salutarmi.
Peccato.
Però nemmeno il mio canuto omino del tempo dovrebbe tornare ad infastidirmi per un po’. Ma che sia vero? Che l’abbia davvero ucciso lui? Non ci credo: troppo debole per fare a pezzi un uomo. Forte nello spirito però.
Mi manca. Autoritario, severo, terrificante. Eppure mi manca. Chissà perché. Forse perché rappresentava le parole nascoste della mia coscienza.
O forse perché siamo gli unici due matti che viaggiano per campi alle una di notte.
Inutile rimanere qui davanti ad una finestra vuota, in ogni caso. Oggi non passerà.
Tanto vale andare a letto anche se manca mezz’ora: mezz’ora in più di sonno non fa male
giovedì 4 dicembre 2008
doni natale
ti regalo le prime ore dell'alba,
dense d'aurora, futuri d'un tempo che giunge,
ora lento, ora veloce,
mentre t'abbraccio da lontano:
le mani legate nella paura
di provare emozioni che non so.
dense d'aurora, futuri d'un tempo che giunge,
ora lento, ora veloce,
mentre t'abbraccio da lontano:
le mani legate nella paura
di provare emozioni che non so.
lunedì 1 dicembre 2008
aspettandoti
le forze abbandonano ogni pensiero,
ogni nuovo mondo sa d'inferno sconosciuto,
e mi manca il tuo sorriso nel risvegliare i sogni:
ogni momento mi è contrario,
cerco solo poche conferme,
un piccolo quadro tra i desideri d'una notte
ogni nuovo mondo sa d'inferno sconosciuto,
e mi manca il tuo sorriso nel risvegliare i sogni:
ogni momento mi è contrario,
cerco solo poche conferme,
un piccolo quadro tra i desideri d'una notte
giovedì 20 novembre 2008
omino del tempo finale 1
bene! Ho finito di lavare e pulire tutto, è tutto sistemato ed in ordine: nessuno può sospettare di qualcosa: non si nota la minima differenza rispetto a prima.
Sono davvero soddisfatta: non una macchia di sangue, non un segno di questa lunga notte.
Solo l'omino del tempo che rimbalza e rimbomba nella mia testa insieme ad un indefinito senso di colpa...
Perchè mai dovrei sentirmi in colpa? sono sempre stata la classica ragazza perfetta, mi sono sempre trattenuta, mai un accesso di rabbia, mai una follia: per una volta ho seguito il mio istinto, la mia brutalità, e l'ho sfogata. Dopo la maledetta giornata di ieri, la frustrazione, la rabbia, il senso d'impotenza: avevo bisogno di sfogarmi, ero pericolosa. In fondo ho solo fatto avverare un mio desiderio, uno solo in tutta una vita: non è tanto.
Finalmente mi posso concedere un poco di riposo, sono solo le 3 e prima delle 15 i miei non torneranno a casa. Le mie ultime 12 ore di pace, di solitudine e soddisfazione, e, per una volta, di sonni tranquilli.
Un campanello troppo squillante, dal volume assordante, mi riporta alla realtà. Perchè i citofoni fanno così tanto rumore? Perchè suonano quando dormo? Quasi, quasi scendo così come sono, tanto dormo in tuta.
Ma chi può essere? Che ore sono? Io dormivo, accidenti! Guardo l'orologio attraverso la fessura delle palbebre ancora addormentate: ora di pranzo. Ma chi sarà mai? I miei di sicuro no, non arrivano prima di un paio d'ore.
Dal video del citofono mi appare la faccia di un uomo, avrà quarant'anni, non di più.
Chissà chi è: sembra una faccia pulita, ma non mi fido.
“sì?”
“Buongiorno, sono Pietro Morari della Polizia, dovrei parlarle”
“'ngiorno, arrivo.”
Non mi fido, quasi quasi apro solo il cancello grande.
Entra in maniera educata, rispettosa: appoggia il cancello, non lo sbatte. Mi guarda e sorride: avrà capito che non mi fido.
“Buongiorno, posso esserle utile?”
Mi porge una specie di tesserina: la sua foto, un volto imbarazzato e instupidito da una posa innaturale, fermo a parecchi anni in meno e capelli in più.
Lo faccio entrare, mi son sempre stati simpatici i poliziotti, chissà perchè.
“Posso offrirle un caffè?”
“No, grazie. Dovrei solo chiederle un paio di cose.”
“Prego, mi dica. Se posso esserle utile...”
Mi porge una fotocopia stropicciata e sgualcita di una foto. Il foglio è ridotto male ma mi basta per riconoscere gli occhi scuri, quasi senza fondo, e la barba millenaria dell'omino del tempo.
“Lo conosce?”
“Ci siamo incontrati un paio di volte. Passava qui davanti per andare a casa. Non so molto altro di lui però: non so nemmeno il suo nome.”
“Si chiama Fabrizio Tempo, non ha una casa, tantomeno qui vicino”
Un brivido mi percorre la schiena: niente casa? e quindi? perchè mi seguiva tra le vigne?
“Ma guardi, son sicura: me l'ha detto lui l'altro giorno. Ha detto di abitare qui vicino, a circa venti minuti passando dalle vigne”
“è stato trovato un completo grigio in un casolare qui vicino, questo lo spiegherebbe. Lo sanno esaminando.”
“Ma perchè? Gli è successo qualcosa di male?”
“più che altro ha fatto succedere qualcosa”
“mi scusi?”
“ha capito bene. Da quanto mi risulta lei conosce anche il professore Xxx Xxx.”
“Sì, è un mio docente, devo dare un esame con lui.”
“Ridare.”
E tu che ne sai? c'era bisogno di girare il coltello nella piaga?
Ah, sì, giusto, sei un poliziotto. è il tuo mestiere. Perdonato.
“Sì, non vedo la differenza.”
“Beh, non lo darà più con lui”
“ Scusi? Non capisco”
“Abbiamo fermato stamattina il suo amico, Fabrizio Tempo, mentre lo stava letteralmente macellando”
Un brivido, freddo, tra le scapole e una fitta, profonda feroce allo stomaco. Il respiro si blocca, il poliziotto mi sembra sempre più lontano, la sua voce non la sento neppure più.
Mi riprendo e mi trovo stesa sul selciato, il mio cane che mi siede accanto e ringhia al poliziotto. Mi alzo appena con la testa, ma mi sembra pesantissima. Tento di capire.
Il cane mi vede sveglia e si tranquillizza, la mando seduta in cuccia. Obbedisce, fedele ma guardinga. Pietro si avvicina, mi porge un poco d'acqua.
“Il suo cane la difende benissimo”
“Il mio cane è l'unico su cui posso contare.”
Bevo. Appena ho buttato giù un sorso mi mette una foto sotto al naso: una parete macchiata di schizzi di sangue, una manata al centro, sopra una macchia a cono che finisce in una pozza sul pavimento.
Uguale identica alla mia taverna stanotte.
Non riesco nemmeno a girarmi. Pietro mi prende appena in tempo perchè non sbatta la testa. Il cane questa volta non si muove. Ora si fida.
Non perdo conoscenza stavolta.
“Mi aiuterebbe ad entrare in casa?”
“Sì, credo che sia meglio. Non mi azzanna vero?”
“No, di solito mangia solo bambini.” Sorrido, ma sono stanca. Alzarsi è una fatica senza pari: mi sembra di pesare come una montagna.
“Si sente meglio?”
“Sì, finchè non mi ricorda che la persona che mi seguiva nelle vigne è in realtà un macellaio d'uomini”
“No, non si preoccupi. Mi basta sapere quando l'ha visto l'ultima volta.”
“Questa notte, verso le 1.30. Stavo portando fuori il cane”
“Bene, mi basta così: diceva che lei aveva molte spiegazioni per l'accaduto.”
“Non capisco cosa vuol dire.”
“Nulla, credevo avesse lei come alibi, ma l'omicidio è avvenuto alle 3 e noi l'abbiamo preso alle 5. Lei l'ha visto prima che facesse questo scempio. Non ha null'altro da dirmi?”
“A parte il fatto che il professore Xxx Xxx mi aveva bocciato due giorni fa?”
“Questo lo so già, grazie. Ma ho già chiesto in giro e pare che lei sia solo l'ultima di una lunga serie.”
“E che l'assassino mi seguiva nelle vigne?”
“Anche questa è una cosa abbastanza comune: aveva già un paio di denunce per tentata molestia. In realtà in tutti i casi si è scoperto che gli piacevano i cani, non le padrone”
“Non so cos'altro dirle”
“Magari il suo numero di telefono?” ha un bel sorriso finchè lo dice: sarebbe un bel viso da ritrarre.
“Sì, glielo lascio volentieri.”
Mi lascia finalmente dormire.
Mi sveglio nel momento in cui mia madre apre il portone d'ingresso.
“Ciao”
“Come è andato il week end in Piemonte?”
“Bene bene! Abbiamo preso un sacco di vino... Se mi aiuti a mettere le bottiglie in cantina ti racconto”
Ma perchè proprio in cantina?
Speriamo la tinta si sia asciugata...
Ci avviciniamo agli scaffali, un po' l'odore di pittura si sente ancora.
“Hai dipinto finchè eravamo via?”
“No, no. Ho solo fatto un po' di miscele nuove di colori.”
“E con che ingrediente strano li hai fatti stavolta? erbe? oro? uovo?”
“Niente di speciale”
Sapessi mamma: è sangue.
Sono davvero soddisfatta: non una macchia di sangue, non un segno di questa lunga notte.
Solo l'omino del tempo che rimbalza e rimbomba nella mia testa insieme ad un indefinito senso di colpa...
Perchè mai dovrei sentirmi in colpa? sono sempre stata la classica ragazza perfetta, mi sono sempre trattenuta, mai un accesso di rabbia, mai una follia: per una volta ho seguito il mio istinto, la mia brutalità, e l'ho sfogata. Dopo la maledetta giornata di ieri, la frustrazione, la rabbia, il senso d'impotenza: avevo bisogno di sfogarmi, ero pericolosa. In fondo ho solo fatto avverare un mio desiderio, uno solo in tutta una vita: non è tanto.
Finalmente mi posso concedere un poco di riposo, sono solo le 3 e prima delle 15 i miei non torneranno a casa. Le mie ultime 12 ore di pace, di solitudine e soddisfazione, e, per una volta, di sonni tranquilli.
Un campanello troppo squillante, dal volume assordante, mi riporta alla realtà. Perchè i citofoni fanno così tanto rumore? Perchè suonano quando dormo? Quasi, quasi scendo così come sono, tanto dormo in tuta.
Ma chi può essere? Che ore sono? Io dormivo, accidenti! Guardo l'orologio attraverso la fessura delle palbebre ancora addormentate: ora di pranzo. Ma chi sarà mai? I miei di sicuro no, non arrivano prima di un paio d'ore.
Dal video del citofono mi appare la faccia di un uomo, avrà quarant'anni, non di più.
Chissà chi è: sembra una faccia pulita, ma non mi fido.
“sì?”
“Buongiorno, sono Pietro Morari della Polizia, dovrei parlarle”
“'ngiorno, arrivo.”
Non mi fido, quasi quasi apro solo il cancello grande.
Entra in maniera educata, rispettosa: appoggia il cancello, non lo sbatte. Mi guarda e sorride: avrà capito che non mi fido.
“Buongiorno, posso esserle utile?”
Mi porge una specie di tesserina: la sua foto, un volto imbarazzato e instupidito da una posa innaturale, fermo a parecchi anni in meno e capelli in più.
Lo faccio entrare, mi son sempre stati simpatici i poliziotti, chissà perchè.
“Posso offrirle un caffè?”
“No, grazie. Dovrei solo chiederle un paio di cose.”
“Prego, mi dica. Se posso esserle utile...”
Mi porge una fotocopia stropicciata e sgualcita di una foto. Il foglio è ridotto male ma mi basta per riconoscere gli occhi scuri, quasi senza fondo, e la barba millenaria dell'omino del tempo.
“Lo conosce?”
“Ci siamo incontrati un paio di volte. Passava qui davanti per andare a casa. Non so molto altro di lui però: non so nemmeno il suo nome.”
“Si chiama Fabrizio Tempo, non ha una casa, tantomeno qui vicino”
Un brivido mi percorre la schiena: niente casa? e quindi? perchè mi seguiva tra le vigne?
“Ma guardi, son sicura: me l'ha detto lui l'altro giorno. Ha detto di abitare qui vicino, a circa venti minuti passando dalle vigne”
“è stato trovato un completo grigio in un casolare qui vicino, questo lo spiegherebbe. Lo sanno esaminando.”
“Ma perchè? Gli è successo qualcosa di male?”
“più che altro ha fatto succedere qualcosa”
“mi scusi?”
“ha capito bene. Da quanto mi risulta lei conosce anche il professore Xxx Xxx.”
“Sì, è un mio docente, devo dare un esame con lui.”
“Ridare.”
E tu che ne sai? c'era bisogno di girare il coltello nella piaga?
Ah, sì, giusto, sei un poliziotto. è il tuo mestiere. Perdonato.
“Sì, non vedo la differenza.”
“Beh, non lo darà più con lui”
“ Scusi? Non capisco”
“Abbiamo fermato stamattina il suo amico, Fabrizio Tempo, mentre lo stava letteralmente macellando”
Un brivido, freddo, tra le scapole e una fitta, profonda feroce allo stomaco. Il respiro si blocca, il poliziotto mi sembra sempre più lontano, la sua voce non la sento neppure più.
Mi riprendo e mi trovo stesa sul selciato, il mio cane che mi siede accanto e ringhia al poliziotto. Mi alzo appena con la testa, ma mi sembra pesantissima. Tento di capire.
Il cane mi vede sveglia e si tranquillizza, la mando seduta in cuccia. Obbedisce, fedele ma guardinga. Pietro si avvicina, mi porge un poco d'acqua.
“Il suo cane la difende benissimo”
“Il mio cane è l'unico su cui posso contare.”
Bevo. Appena ho buttato giù un sorso mi mette una foto sotto al naso: una parete macchiata di schizzi di sangue, una manata al centro, sopra una macchia a cono che finisce in una pozza sul pavimento.
Uguale identica alla mia taverna stanotte.
Non riesco nemmeno a girarmi. Pietro mi prende appena in tempo perchè non sbatta la testa. Il cane questa volta non si muove. Ora si fida.
Non perdo conoscenza stavolta.
“Mi aiuterebbe ad entrare in casa?”
“Sì, credo che sia meglio. Non mi azzanna vero?”
“No, di solito mangia solo bambini.” Sorrido, ma sono stanca. Alzarsi è una fatica senza pari: mi sembra di pesare come una montagna.
“Si sente meglio?”
“Sì, finchè non mi ricorda che la persona che mi seguiva nelle vigne è in realtà un macellaio d'uomini”
“No, non si preoccupi. Mi basta sapere quando l'ha visto l'ultima volta.”
“Questa notte, verso le 1.30. Stavo portando fuori il cane”
“Bene, mi basta così: diceva che lei aveva molte spiegazioni per l'accaduto.”
“Non capisco cosa vuol dire.”
“Nulla, credevo avesse lei come alibi, ma l'omicidio è avvenuto alle 3 e noi l'abbiamo preso alle 5. Lei l'ha visto prima che facesse questo scempio. Non ha null'altro da dirmi?”
“A parte il fatto che il professore Xxx Xxx mi aveva bocciato due giorni fa?”
“Questo lo so già, grazie. Ma ho già chiesto in giro e pare che lei sia solo l'ultima di una lunga serie.”
“E che l'assassino mi seguiva nelle vigne?”
“Anche questa è una cosa abbastanza comune: aveva già un paio di denunce per tentata molestia. In realtà in tutti i casi si è scoperto che gli piacevano i cani, non le padrone”
“Non so cos'altro dirle”
“Magari il suo numero di telefono?” ha un bel sorriso finchè lo dice: sarebbe un bel viso da ritrarre.
“Sì, glielo lascio volentieri.”
Mi lascia finalmente dormire.
Mi sveglio nel momento in cui mia madre apre il portone d'ingresso.
“Ciao”
“Come è andato il week end in Piemonte?”
“Bene bene! Abbiamo preso un sacco di vino... Se mi aiuti a mettere le bottiglie in cantina ti racconto”
Ma perchè proprio in cantina?
Speriamo la tinta si sia asciugata...
Ci avviciniamo agli scaffali, un po' l'odore di pittura si sente ancora.
“Hai dipinto finchè eravamo via?”
“No, no. Ho solo fatto un po' di miscele nuove di colori.”
“E con che ingrediente strano li hai fatti stavolta? erbe? oro? uovo?”
“Niente di speciale”
Sapessi mamma: è sangue.
martedì 18 novembre 2008
omino del tempo 5
Sono distrutta, di una stanchezza quasi inumana, ma ho iniziato questo lavoro e devo costringermi a finirlo: diventa una questione di autostima, di orgoglio personale. Devo per una volta seguire i miei desideri e arrivarci in fondo. Ho passato una giornata intera a dire vorrei e ora posso: basta finire il lavoro, dai sù, ce la posso fare.
Se non altro perchè ho sporcato dappertutto: tutta questa carne gocciola, accidenti! Mi sto quasi pentendo di quello che ho appena fatto: ho le mani ancora sporche di sangue e mi viene la nausea a pensare che tutta questo era vivo, fino a ieri. Mi sento un'assassina, in colpa con me stessa e arrabbiata con il destino.
E poi fare questo lavoro di notte, di nascosto perchè non mi vedano, non mi piace. Dovrò pulire tutta la notte e l'idea di lavare il rosso del sangue dalle pareti non m'ispira proprio per niente. Chissà come si pulisce poi...
Mi sa che mi conviene dargli una mano di bianco, in fondo in 12 ore si asciuga. Ne ho quasi 15 prima che tornino i miei dalle vacanze, 15 ore per rendere la casa normale, la mia persona insospettabile.
Le fiamme del camino non sono rassicuranti in una villa come la mia la sera, specie quando si è da soli e con un cadavere in mano. Sarà che il cane guaisce, ma quasi quasi mi faccio un giro per campi. E poi è passata l'una: il pazzo omino del tempo stavolta non può vedermi.
Quasi quasi esco così, sudata e con la canotta sporca di sangue: sarà anche un rischio, ma di un faccino come il mio non pensa mai male nessuno.
Tanto l'unico pazzo nei dintorni è proprio lui, nessun altro esce a quest'ora.
Non faccio neppure tempo ad uscire dal cancello che me lo trovo davanti, impettito e con lo sguardo accigliato.
Ma che fa? M'aspetta al varco ora? E non posso neppure scappare! come faccio a tornare indetro ora?
"Buonasera" mi saluta come se fosse normale vedere una persona uscire di casa sporca e bagnata di rosso.... Io non mi sento nella norma, ma nemmeno lui ci scherza.
" 'sera" taglio corto e tento di svicolare, magari c'è buio e non mi ha vista.
"Lei scappa tutte le sere? Cosa mi nasconde questa volta?"
Che diamine vuoi che ti nasconda! Me lo chiedi anche? Mi hai vista benissimo che sono sporca di sangue e che sto tremando perchè mi fai paura, e me lo chiedi ancora?!?!?
"Beh, non mi sono cambiata prima di uscire e mi vergogno un po' "
Tagliamo, poche spiegazioni e via, non ti voglio vedere per più del tempo necessario alla mia fuga: da te, dal passato, da tutto.
"Mi spiace che le dia disturbo il mio averla aspettata"
"Non si preoccupi, è solo una sorpresa"
"Ha ragione è sconveniente, ma vede sono venuto per un motivo ben preciso: innanzitutto volevo essere carino con lei che mi ha aspettato sulla strada di casa ieri..."
Carino un corno! Lo sai benissimo che non ti aspettavo! E poi dicono che i vecchi non son sadici...
"... e poi volevo farle vedere questo"
Si gira e tira fuori dal mantello un giornale: in prima pagina campeggia il titolo "professore universitario ammazzato a coltellate".
Prendo paura: la foto che è giusto sotto rappresenta una parete, colma di sangue, sporca come se qualcuno si fosse messo a lavorare giusto lì in fianco, un paio d'impronte di mani sovrastano la macchia a spruzzo, che poco più in basso lascia il posto ad una macchia uniforme che si allarga verso il basso per terminare in una pozza a livello del pavimento.
Sembra tremendamente il pezzo di muro che ho sporcato giù, ci somiglia in maniera impressionante.
"Signorina, si sente bene?"
"Sì, sì. Chi hanno ucciso?"
"Come non lo immagina?"
E perchè mai dovrei immaginarmi qualcosa del genere? Inorridisco solo all'idea che qualcuno possa piangere, figuriamoci pensare ad un omicidio.
"No, sinceramente certe cose sono ben lungi dai miei pensieri"
"Il morto è il suo professore, Xxx Xxx. Ricorda? Me ne ha parlato giusto ieri..."
Non capisco più niente, non vedo più niente, le orecchie mi ronzano e la sua voce è lontana: se non mi riprendo ho meno di 10 secondi prima di svenire e non posso, non devo perdere i sensi.
Sù, forza, coraggio, posso farcela: sarei da sola, niente difese, niente fuga, inerme con lui.
Panico.
Tachicardia.
Il respiro si fa sempre più profondo e difficile, ma l'aria c'è: ci vedo, sono in piedi, sono cosciente.
"Le ho detto solo il suo nome, non ho detto nient'altro. Mi spiace che sia morto"
Ora però mi sento svuotata: non ho più forze, devo andarmene. Ora. Subito.
"davvero? è per questo che fugge coperta di sangue?"
La paura, la rabbia, la vergogna si fondono e formano una cosa sola. Un respiro. Mille pensieri. Una risposta: glaciale e distaccata.
"Nessuno le ha detto che questo sia sangue. Sono uscita per prendere aria, è mio diritto e non è un mio dovere dover sempre rispondere alle sue fastidiose quanto infondate insinuazioni"
Perfetta. Stronza al punto giusto. Glaciale e formale: ferma e decisa. Fatto.
"Giusto. Non è a me che deve rispondere"
A nessuno se è per questo. Non ho fatto nulla di cui mi stia pentendo.
Ora ti lascio ai tuoi pensieri maligni e perversi, e me ne vado a pulire il lago di sangue che ho lasciato giù, come una brava donnina di casa.
"Con questo le auguro buonanotte e vado a finire un paio di faccende"
"La lascio alla sua lunga notte. Si ricordi solamente questo: non mi vedrà più, ma sarò un ospite fisso dei suoi pensieri e dei suoi incubi, fraterno alleato della sua coscienza"
Mi fa paura: è sadico, intelligente e informato. Troppo di ogni caratteristica: è pericoloso.
Se non altro perchè ho sporcato dappertutto: tutta questa carne gocciola, accidenti! Mi sto quasi pentendo di quello che ho appena fatto: ho le mani ancora sporche di sangue e mi viene la nausea a pensare che tutta questo era vivo, fino a ieri. Mi sento un'assassina, in colpa con me stessa e arrabbiata con il destino.
E poi fare questo lavoro di notte, di nascosto perchè non mi vedano, non mi piace. Dovrò pulire tutta la notte e l'idea di lavare il rosso del sangue dalle pareti non m'ispira proprio per niente. Chissà come si pulisce poi...
Mi sa che mi conviene dargli una mano di bianco, in fondo in 12 ore si asciuga. Ne ho quasi 15 prima che tornino i miei dalle vacanze, 15 ore per rendere la casa normale, la mia persona insospettabile.
Le fiamme del camino non sono rassicuranti in una villa come la mia la sera, specie quando si è da soli e con un cadavere in mano. Sarà che il cane guaisce, ma quasi quasi mi faccio un giro per campi. E poi è passata l'una: il pazzo omino del tempo stavolta non può vedermi.
Quasi quasi esco così, sudata e con la canotta sporca di sangue: sarà anche un rischio, ma di un faccino come il mio non pensa mai male nessuno.
Tanto l'unico pazzo nei dintorni è proprio lui, nessun altro esce a quest'ora.
Non faccio neppure tempo ad uscire dal cancello che me lo trovo davanti, impettito e con lo sguardo accigliato.
Ma che fa? M'aspetta al varco ora? E non posso neppure scappare! come faccio a tornare indetro ora?
"Buonasera" mi saluta come se fosse normale vedere una persona uscire di casa sporca e bagnata di rosso.... Io non mi sento nella norma, ma nemmeno lui ci scherza.
" 'sera" taglio corto e tento di svicolare, magari c'è buio e non mi ha vista.
"Lei scappa tutte le sere? Cosa mi nasconde questa volta?"
Che diamine vuoi che ti nasconda! Me lo chiedi anche? Mi hai vista benissimo che sono sporca di sangue e che sto tremando perchè mi fai paura, e me lo chiedi ancora?!?!?
"Beh, non mi sono cambiata prima di uscire e mi vergogno un po' "
Tagliamo, poche spiegazioni e via, non ti voglio vedere per più del tempo necessario alla mia fuga: da te, dal passato, da tutto.
"Mi spiace che le dia disturbo il mio averla aspettata"
"Non si preoccupi, è solo una sorpresa"
"Ha ragione è sconveniente, ma vede sono venuto per un motivo ben preciso: innanzitutto volevo essere carino con lei che mi ha aspettato sulla strada di casa ieri..."
Carino un corno! Lo sai benissimo che non ti aspettavo! E poi dicono che i vecchi non son sadici...
"... e poi volevo farle vedere questo"
Si gira e tira fuori dal mantello un giornale: in prima pagina campeggia il titolo "professore universitario ammazzato a coltellate".
Prendo paura: la foto che è giusto sotto rappresenta una parete, colma di sangue, sporca come se qualcuno si fosse messo a lavorare giusto lì in fianco, un paio d'impronte di mani sovrastano la macchia a spruzzo, che poco più in basso lascia il posto ad una macchia uniforme che si allarga verso il basso per terminare in una pozza a livello del pavimento.
Sembra tremendamente il pezzo di muro che ho sporcato giù, ci somiglia in maniera impressionante.
"Signorina, si sente bene?"
"Sì, sì. Chi hanno ucciso?"
"Come non lo immagina?"
E perchè mai dovrei immaginarmi qualcosa del genere? Inorridisco solo all'idea che qualcuno possa piangere, figuriamoci pensare ad un omicidio.
"No, sinceramente certe cose sono ben lungi dai miei pensieri"
"Il morto è il suo professore, Xxx Xxx. Ricorda? Me ne ha parlato giusto ieri..."
Non capisco più niente, non vedo più niente, le orecchie mi ronzano e la sua voce è lontana: se non mi riprendo ho meno di 10 secondi prima di svenire e non posso, non devo perdere i sensi.
Sù, forza, coraggio, posso farcela: sarei da sola, niente difese, niente fuga, inerme con lui.
Panico.
Tachicardia.
Il respiro si fa sempre più profondo e difficile, ma l'aria c'è: ci vedo, sono in piedi, sono cosciente.
"Le ho detto solo il suo nome, non ho detto nient'altro. Mi spiace che sia morto"
Ora però mi sento svuotata: non ho più forze, devo andarmene. Ora. Subito.
"davvero? è per questo che fugge coperta di sangue?"
La paura, la rabbia, la vergogna si fondono e formano una cosa sola. Un respiro. Mille pensieri. Una risposta: glaciale e distaccata.
"Nessuno le ha detto che questo sia sangue. Sono uscita per prendere aria, è mio diritto e non è un mio dovere dover sempre rispondere alle sue fastidiose quanto infondate insinuazioni"
Perfetta. Stronza al punto giusto. Glaciale e formale: ferma e decisa. Fatto.
"Giusto. Non è a me che deve rispondere"
A nessuno se è per questo. Non ho fatto nulla di cui mi stia pentendo.
Ora ti lascio ai tuoi pensieri maligni e perversi, e me ne vado a pulire il lago di sangue che ho lasciato giù, come una brava donnina di casa.
"Con questo le auguro buonanotte e vado a finire un paio di faccende"
"La lascio alla sua lunga notte. Si ricordi solamente questo: non mi vedrà più, ma sarò un ospite fisso dei suoi pensieri e dei suoi incubi, fraterno alleato della sua coscienza"
Mi fa paura: è sadico, intelligente e informato. Troppo di ogni caratteristica: è pericoloso.
mercoledì 22 ottobre 2008
omino del tempo 4 lungo
Sono stanca, sono nervosa, tremo. Questa volta non resisto, non ho già resistito. Sto impazzendo e non riesco a fermarmi.
Mi vedo e rivedo la scena: mi guardava, sicuro di essere Dio in terra e mi continuava a dire di no, che quello che dicevo era sbagliato, che non era detto bene. Odio quel dannato sguardo. E odio quella parola: "no".
Ma no che cosa? "No" è una risposta ad una domanda, una negazione motivata di un argomento di discussione comune, non una parola da dire a caso dopo non avermi neppure ascoltata. Vorrei, vorrei, vorrei,... non so nemmeno cosa vorrei: sono talmente furiosa, pazza furiosa, che se ce l'avessi tra le mani non riuscirei neppure a dargliene, tanta è la rabbia.
Devo sfogarmi, e non ne ho modo, accidenti!
Vorrei piangere ed urlare, ma non si fa: è da pazzi.
Vorrei andare a tagliargli le gomme, rubargli le chiavi di casa e incollargliele alla porta blindata, vorrei vederlo chiedere scusa. Scusa sinceramente, vedere che gli spiace essere così profondamente insensibile. Purtroppo so che non succederà mai. E passi per le i primi vorrei, ma per l'ultimo provo davvero un'irritazione tale che vorrei rompere tutto. E tutti.
I miei pensieri vagano mentre le mie mani coccolano il muso morbido e peloso del mio cucciolo, che mi guarda innocente ed ignaro, amante e fedele. Dal suo calore riesco a trarre quella dolcezza e calma che mi permette di avere ancora una stanza ordinata e i libri interi.
Lo strapperei quel dannato libretto, lo tirerei tra le mani fino a rompere ogni fibra di carta, lo brucerei qui, seduta stante. Invece i suoi occhioni mi guardano e tremano, mi squadrano finché tremo dalla rabbia e mi trattengo: trattengo ogni cosa, solo perché lui è qui.
Guardo la strada, come sempre. Guardo il mio lampione, accendersi e spegnersi come i miei pensieri.
Abbandono la vista alla campagna, all'orizzonte scuro della notte.
Quasi quasi esco, il cane con me, prendo aria, espando i polmoni e mi scarico da questo senso di costrizione che mi porta all'orlo della pazzia.
Appena sono in strada lo vedo arrivare, come sempre puntuale. In completo e col bastone.
Ma oggi no, niente omino del tempo: non sono in condizione.
M'incammino spedita e m'inoltro nelle vigne, pregando che non m'abbia vista, mi nascondo tra le foglie di vite che sussurrano secche al vento.
Sento dei passi veloci dietro di me, spostano le foglie, corrono quasi.
Non può essere lui: è lento, ha pure il bastone. Però è anche pazzo: solo uno fuori di testa verrebbe all'una di notte nei campi.
OdT: "buonasera signorina!"
Diamine!! allora sì, è certo: è un pazzo furioso.
Mi giro, lo guardo incredula e frastornata.
Alza il bastone, mi saluta col capo.
G: "Buonasera"
Mi giro e proseguo lungo il filare.
OdT: "perchè tenta di scappare dal tempo?"
G: "scusi?"
OdT: "lei sta scappando, non da me di certo, di me non ha paura."
Questo lo dici tu, caro il mio vecchietto.
Continuo a guardarlo incredula e frastornata.
OdT: " lei è sconvolta, sta scappando nel buio sperando che questo faccia passare più velocemente il tempo che le serve per smaltire quello che le è successo"
ma tu che ne sai? e poi, che te ne frega?
G: "sarà un'impressione: ho solo voglia di stare un po' da sola a prendere aria. Capita"
OdT: "ha gli occhi gonfi come se dovesse piangere, ha le mani che tremano e sta tentando ancora di scappare, di non affrontare nessuna conversazione"
G: "mi scusi se le sembro maleducata, ma non crede anche lei che una persona normale non racconti i fatti propri ad un perfetto sconosciuto?"
OdT: "certo, ma due persone normali non si scrutano all'una di notte e non se ne vanno tra le vigne"
G: "il cane ha bisogno di terra, non ho chiesto a nessuno di venirmi a cercare, nemmeno a lei"
Sarò scortese ma ha iniziato lui.
OdT: "è vero: non mi ha chiesto nulla. E' venuta direttamente a cercarmi"
Ora ho trovato con chi infuriarmi, in fondo questo vecchietto impiccione e superbo è quasi quasi un imprevisto utile.
G: " mi scusi? non ho mai inseguito nemeno gli uomini e dovrei iniziare da lei? ma per chi mi ha preso?"
OdT: "Ieri sera è scesa a salutarmi e oggi si sta incaminando sulla strada che faccio di norma per andare a casa"
G: "cosa scusi?"
OdT: "questa strada, in fondo ai prossimi filari, porta a casa mia, poco vicino al guado. Saranno sì e no 15 minuti di strada"
Accipicchia, ha ragione! La sera poi s'incamminava sempre per le vigne, e io che ci sono andata per abitudine a portare il cane a fare i bisogni.
Non ha comunque vinto lui: non lo seguivo. Punto. Scappavo, solo su questo ha ragione.
Scappavo da me stesa.
G: "Non ci avevo pensato. Son qui per abitudine."
OdT: "All'una di notte..."
G: " Avevo bisogno di aria. Finito l'interrogatorio?"
OdT: "E' da un pezzo che non faccio più io le domande. E' lei che le pone. A sè stessa per di più"
Già stasera sono acida, mi mancava giusto il mezzo psicologo per farmi impazzire del tutto.
G: "Guardi, tolgo il disturbo così siamo a posto."
OdT: "Va bene, mi dica solo chi è"
G: "Un professore"
OdT: "Il nome"
e' anche perentorio nelle richieste, il signorino.
G: "XXX XXX. E ora?"
OdT: "E ora buonanotte, a domani."
G: "Arrivederci"
A me fa paura. Non è normale e sa troppe cose. Non so come, ma ne sa davvero pericolosamente troppe.
Spero non a domani, lo spero proprio, omino del tempo.
Mi vedo e rivedo la scena: mi guardava, sicuro di essere Dio in terra e mi continuava a dire di no, che quello che dicevo era sbagliato, che non era detto bene. Odio quel dannato sguardo. E odio quella parola: "no".
Ma no che cosa? "No" è una risposta ad una domanda, una negazione motivata di un argomento di discussione comune, non una parola da dire a caso dopo non avermi neppure ascoltata. Vorrei, vorrei, vorrei,... non so nemmeno cosa vorrei: sono talmente furiosa, pazza furiosa, che se ce l'avessi tra le mani non riuscirei neppure a dargliene, tanta è la rabbia.
Devo sfogarmi, e non ne ho modo, accidenti!
Vorrei piangere ed urlare, ma non si fa: è da pazzi.
Vorrei andare a tagliargli le gomme, rubargli le chiavi di casa e incollargliele alla porta blindata, vorrei vederlo chiedere scusa. Scusa sinceramente, vedere che gli spiace essere così profondamente insensibile. Purtroppo so che non succederà mai. E passi per le i primi vorrei, ma per l'ultimo provo davvero un'irritazione tale che vorrei rompere tutto. E tutti.
I miei pensieri vagano mentre le mie mani coccolano il muso morbido e peloso del mio cucciolo, che mi guarda innocente ed ignaro, amante e fedele. Dal suo calore riesco a trarre quella dolcezza e calma che mi permette di avere ancora una stanza ordinata e i libri interi.
Lo strapperei quel dannato libretto, lo tirerei tra le mani fino a rompere ogni fibra di carta, lo brucerei qui, seduta stante. Invece i suoi occhioni mi guardano e tremano, mi squadrano finché tremo dalla rabbia e mi trattengo: trattengo ogni cosa, solo perché lui è qui.
Guardo la strada, come sempre. Guardo il mio lampione, accendersi e spegnersi come i miei pensieri.
Abbandono la vista alla campagna, all'orizzonte scuro della notte.
Quasi quasi esco, il cane con me, prendo aria, espando i polmoni e mi scarico da questo senso di costrizione che mi porta all'orlo della pazzia.
Appena sono in strada lo vedo arrivare, come sempre puntuale. In completo e col bastone.
Ma oggi no, niente omino del tempo: non sono in condizione.
M'incammino spedita e m'inoltro nelle vigne, pregando che non m'abbia vista, mi nascondo tra le foglie di vite che sussurrano secche al vento.
Sento dei passi veloci dietro di me, spostano le foglie, corrono quasi.
Non può essere lui: è lento, ha pure il bastone. Però è anche pazzo: solo uno fuori di testa verrebbe all'una di notte nei campi.
OdT: "buonasera signorina!"
Diamine!! allora sì, è certo: è un pazzo furioso.
Mi giro, lo guardo incredula e frastornata.
Alza il bastone, mi saluta col capo.
G: "Buonasera"
Mi giro e proseguo lungo il filare.
OdT: "perchè tenta di scappare dal tempo?"
G: "scusi?"
OdT: "lei sta scappando, non da me di certo, di me non ha paura."
Questo lo dici tu, caro il mio vecchietto.
Continuo a guardarlo incredula e frastornata.
OdT: " lei è sconvolta, sta scappando nel buio sperando che questo faccia passare più velocemente il tempo che le serve per smaltire quello che le è successo"
ma tu che ne sai? e poi, che te ne frega?
G: "sarà un'impressione: ho solo voglia di stare un po' da sola a prendere aria. Capita"
OdT: "ha gli occhi gonfi come se dovesse piangere, ha le mani che tremano e sta tentando ancora di scappare, di non affrontare nessuna conversazione"
G: "mi scusi se le sembro maleducata, ma non crede anche lei che una persona normale non racconti i fatti propri ad un perfetto sconosciuto?"
OdT: "certo, ma due persone normali non si scrutano all'una di notte e non se ne vanno tra le vigne"
G: "il cane ha bisogno di terra, non ho chiesto a nessuno di venirmi a cercare, nemmeno a lei"
Sarò scortese ma ha iniziato lui.
OdT: "è vero: non mi ha chiesto nulla. E' venuta direttamente a cercarmi"
Ora ho trovato con chi infuriarmi, in fondo questo vecchietto impiccione e superbo è quasi quasi un imprevisto utile.
G: " mi scusi? non ho mai inseguito nemeno gli uomini e dovrei iniziare da lei? ma per chi mi ha preso?"
OdT: "Ieri sera è scesa a salutarmi e oggi si sta incaminando sulla strada che faccio di norma per andare a casa"
G: "cosa scusi?"
OdT: "questa strada, in fondo ai prossimi filari, porta a casa mia, poco vicino al guado. Saranno sì e no 15 minuti di strada"
Accipicchia, ha ragione! La sera poi s'incamminava sempre per le vigne, e io che ci sono andata per abitudine a portare il cane a fare i bisogni.
Non ha comunque vinto lui: non lo seguivo. Punto. Scappavo, solo su questo ha ragione.
Scappavo da me stesa.
G: "Non ci avevo pensato. Son qui per abitudine."
OdT: "All'una di notte..."
G: " Avevo bisogno di aria. Finito l'interrogatorio?"
OdT: "E' da un pezzo che non faccio più io le domande. E' lei che le pone. A sè stessa per di più"
Già stasera sono acida, mi mancava giusto il mezzo psicologo per farmi impazzire del tutto.
G: "Guardi, tolgo il disturbo così siamo a posto."
OdT: "Va bene, mi dica solo chi è"
G: "Un professore"
OdT: "Il nome"
e' anche perentorio nelle richieste, il signorino.
G: "XXX XXX. E ora?"
OdT: "E ora buonanotte, a domani."
G: "Arrivederci"
A me fa paura. Non è normale e sa troppe cose. Non so come, ma ne sa davvero pericolosamente troppe.
Spero non a domani, lo spero proprio, omino del tempo.
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