venerdì 13 giugno 2008

capitolo primo- il viaggio 3^ parte (ultima credo)

“sì, scendo a Patti. Mi hanno detto di spostare i bagagli a Barcellona però.”
“Se vuoi t’aiuto io: scendo proprio a Barcellona.”
“Sì, grazie. Sei sempre così gentile?”
“Solo con le fate dalle lunghe gambe e i ricci color del fuoco. Ma devono essere irlandesi DOC: sai, visto come so io l’inglese, riconosco subito i falsi”. Le fece l’occhiolino: non glielo facevano dai tempi delle scuole, quando volevano copiare i suoi compiti.
“Sei di qui, della Sicilia?”
“No, io sono nato e cresciuto in provincia di Roma. I miei nonni sono di qui: vivono a Patti. Mia sorella si è sposata qui e vive a Barcellona, e da quando ha avuto i bimbi sono fuggiti da Roma anche i miei genitori.”
“Ecco perché scendi a Barcellona!!”
“Beh, sì. Credevi che fossi in vacanza? A metà Aprile?”
“Perché no? C’è caldo, io mi farei pure il bagno a mare.”
“Si vede che sei nordica. Qui il bagno si fa da metà Maggio o da fine Giugno in avanti. Per noi poveri umani l’acqua è fredda. Ma come vi abituano a voi? Vi mettono nei laghi ghiacciati da neonati?”
Ma come faceva a trovare sempre il modo di ridere? Ogni cosa dicesse era una battuta, uno scherzo: era impossibile prendere sul serio quell’italiano.
“No, ci mettono a sciogliere la neve, al posto del bue e l’asinello”
“Scherzi a parte abiterò vicino a casa tua, se vuoi ci possiamo vedere qualche volta”
“Non c’è problema, ma io non starò a Patti. Andrò per un po’ in un paesino: si chiama Gioiosa Marea.”
“Sì, lo conosco: ci abitava una mia ex zita. Hai già l’albergo?”
Dafne rise tra sé: se una casa diroccata di campagna si poteva chiamare albergo…
“Sì, più o meno. Diciamo che so dove dormire.”
“ Hai un ragazzo che ti aspetta giù? Che stupido non averci pensato: ecco perché sai l’italiano. In fondo una ragazza bella come te non poteva essere single.”
Arrossì: pensò che sarebbe stato bello avere qualcuno che l’aspettasse, che la portasse a casa, la mettesse sotto la doccia e la coccolasse tutta la notte. “Se continuo a sognare così, tra poco faccio le fusa” pensò sentendosi le guance calde.
“No, no. Purtroppo sono sola. Ben organizzata in ogni caso.”
“Fiiiiiiù. Posso stare tranquillo allora: nessuno mi aspetterà fuori di casa per darmele in preda ad un attacco di gelosia. Ti lascio il mio numero: quando vuoi chiamami.”
Prese un pezzetto di carta: era lo scontrino del caffè che avevano preso sul traghetto. Ci scrisse sopra il numero e glielo porse.
“Così ti ricordi del tuo insegnante d’italiano”
“Difficile dimenticarsi qualcuno che per farti una sorpresa ti cade addosso” rispose ridendo al ricordo di lui che le scivolava addosso per coprirle gli occhi.
“Simpatica. Ecco cosa succede a fare le sorprese alle belle ragazze. Poi che colpa ne ho io se sei alta un metro e ottanta? A noi qui ci fanno piccini: risparmiano sul materiale”
Mario si toccò d’improvviso la tasca dei pantaloni: era il suo cellulare che vibrava. Lo tirò fuori, guardò il messaggio e rise: “Pensa te: questo è il mio amico Sergio che pur di non alzarsi dal sedie del vagone mi sfotte via sms. Sarà invidioso perché posso starmene vicino ad una bella vichinga mentre a lui tocca il grassone di turno. Meglio che rientriamo, anche perché tra poco qui sarà pieno di gente con le valigie. Ti chiamo prima di Barcellona.”
“Va bene” sorrise a Sergio nel vagone, si mise il numero di Mario in tasca e tornò a sedersi al suo posto.
I suoi vicini le sembrava che le sorridessero già di più.
“Sarà solo un’impressione” pensò tra sé.

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