mercoledì 18 giugno 2008

capitolo secondo- arrivo

Un viso sorridente, con occhi lucenti e sbarazzini sbucò dalla porta dello scompartimento: “Vieni che siamo quasi a Barcellona. Ti do una mano con il valigione.”
Alzò lo sguardo, lo vide e s’illuminò senza nemmeno accorgersi. Le piaceva quel ragazzo.
Si alzò in piedi, si sistemò i jeans (chiedendosi com’era mai possibile che riuscissero a fare così tante pieghe in solo un’ora) e iniziò a darsi da fare per disincastrare la valigia.
Non se ne rendeva conto, ma davanti a quel ragazzo ogni suo movimento aveva qualcosa di sinuoso, di nuovamente femminile e ammaliante. Tutti i viaggiatori dello scompartimento se ne accorsero: i loro occhi puntavano insistentemente sulla schiena e le spalle di quella strana ragazza che all’improvviso sembrava avere assunto le movenze sinuose di un gatto, non cozzava più contro le gambe altrui, si spostava tra un sedile e l’altro come se non avesse mai fatto altro nella sua vita. Le sue spalle erano posate e forti al contempo mentre i muscoli si tiravano a sostenere la valigia quasi più grande di lei. Se lo ricordavano bene i passeggeri quando era salita: ci si erano dovuti mettere in due ad aiutarla a sistemare quella specie di casa ambulante, che tra l’altro aveva occupato quasi tutto lo spazio costringendoli a mettere i loro sulle gambe o sotto i sedili luridi.
Ora era lì, splendida come una farfalla: non sentiva pesi o sforzi e sorrideva; continuava a sorridere con gli occhi, con le labbra, persino con le spalle e la schiena.
“eccomi” rispose, quando aveva finito. Mario era rimasto incantato a vedere come i muscoli di quella ragazza esile e alta sembravano risvegliarsi ad ogni movimento e scostavano la maglia appena aderente.
“ti sei addormentato? Non credevo d’averci messo molto” lo risvegliò con uno sguardo che sembrava quello di una bambina contrita: gli occhi grandi, spalancati nel verde smeraldo che li illuminava.
“no, no, scusa. Pensavo ti servisse una mano per il peso, ma vedo che nonostante tu sia magrissima la natura ti ha notato di una forza impensabile”
“non è poi così tanta: mi stanco in fretta. E poi mi fa piacere se m’aiuti: qui sembra un formicaio tale è il brulicare di persone e valigie e pacchetti. C’è da perdersi.”
“hai solo questa valigia? Ti conviene prendere tutto perché poi non riesci a tornare indietro perché il corridoio s’intasa con chi deve scendere.”.
“ma io non devo scendere qui: blocco il passaggio”
“non ti preoccupare: per te ho scelto e prenotato il posto d’onore. Non è proprio un palco da teatro, ma non ti verrà addosso nessuno e potrai raggiungere l’uscita anche da sola con i tuoi mille bagagli. E poi ho trovato una persona che t’aiuterà.”.
“sei troppo gentile, non dovevi preoccuparti così: in qualche modo farò, senza disturbare altra gente”
“spiacente: già disturbata.”
Le prese la valigia di mano e la sollevò senza far notare lo sforzo che effettivamente stava facendo. A tutti meno che a lei: in fondo come ortopedico non era poi così male.
“attento: così poi verrai a cercarmi per curarti più che per portarmi a scoprire la Sicilia”
Egli la guardò sorpreso e con uno sguardo interrogativo: “Scusa?”
“così ti spezzi la schiena, non hai caricato un solo chilo sulle gambe. Lasciatelo dire da un ortopedico”
“ecco cosa succede a tentare di far colpo su di te: prima mi spezzi la schiena, poi l’orgoglio. Mi rimane solo il cuore intatto, ma temo avrà vita breve anche quello, se continui così”.
“mi spiace, lo dicevo per te.” Di nuovo quel visino contrito: era adorabile.
“non ti preoccupare: tanto lo so che non mi vorrai mai, sono troppo basso per una stanga come te”.
“Silly”
“eh? No ablo espanol”
“non è spagnolo, è inglese… significa stupidino”
“anche…. Non c’è proprio gusto a farti un piacere”
“ma no, che dici! Volevo dire che non mi è mai interessato quanto alto sia un ragazzo. Anche perché da noi non ci sono solo giocatori di basket!”
“vedi che ce l’hai un ragazzo…. Un giocatore di basket in Irlanda. Che fortunato!!! A parte averti lontana”
“come devo dirtelo che sono single?”
“sarà, ma è difficile crederci. Sembri nascondere qualcosa tu…. Streghetta!”
Mario posò la valigia e rise di gusto. Anche Dafne provò a ridere, ma proprio non ci riusciva: quelle parole la colpivano a fondo, su una ferita ancora aperta, ma non voleva darlo a vedere e non voleva dare spiegazioni.
“ti piace?” chiese Mario indicando uno slargo sulla fine della carrozza, dove aveva posato la sua valigia.
“sì, avevi ragione: lì non darò fastidio a nessuno.”. Rispose passandogli lo zaino e la borsa che portava con sé.
“questa è meglio che la tieni con te” ripassandole la borsa.
“non ti preoccupare: è solo roba di poco conto, nessun valore, se non affettivo”
“in ogni caso, non c’è scritto fuori: meglio tenerla addosso. Vieni che ti faccio conoscere il tuo angelo custode”
“non eri tu?”
“no, io sono il tuo insegnante d’italiano”
Arrivarono allo scompartimento vicino al suo e Mario fece cenno ad un signore sulla cinquantina.
“te la affido: custodiscimela integra col bagaglio e non farmela rimpatriare prima che mi abbia dato una seconda possibilità”
“promesso: te la caccio giù alla stazione giusta. Ma che mi dai in cambio?” rispose egli facendogli l’occhiolino. Era un tipo bassino con la pancia, pelato, occhiali, baffi curati e aspetto di persona bonaria e scherzosa. Sembrava davvero una persona di cui fidarsi.
“ti darà lei qualcosa in cambio, ma spero non ti serva mai: è un doc”
“acc! Devo stare attento allora… brutta gente i medici!” disse ridendo.
“parli proprio tu che ne sei figlio...”
“appunto!! Li conosco bene!”
“mah, io ora vado. Grazie!” uscì dallo scompartimento e prese delicatamente la mano di Dafne “arrivederci bella dottoressa. Spero davvero di rivederla presto, lontano dal suo lavoro, mi raccomando!! Scherzi a parte spero tu ti sia trovata bene. Ti lascio in buone mani: quello è il capostazione di Gioiosa Marea. Buon proseguimento! Il mio numero ce l’hai, semmai ti servisse qualcosa proverò ad aiutarti”.
“grazie mille, sono senza parole”
Mario la guardò fissa negli occhi, si portò un dito alla bocca e le sussurrò piano, dolcemente “sssshhhhh, non parlare: è un tale spettacolo avere i tuoi occhi davanti, che diventa un piacere qualsiasi cosa.”
La salutò velocemente con la mano e corse ai bagagli giusto in tempo perché il treno si stava fermando.

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