giovedì 20 novembre 2008

omino del tempo finale 1

bene! Ho finito di lavare e pulire tutto, è tutto sistemato ed in ordine: nessuno può sospettare di qualcosa: non si nota la minima differenza rispetto a prima.
Sono davvero soddisfatta: non una macchia di sangue, non un segno di questa lunga notte.
Solo l'omino del tempo che rimbalza e rimbomba nella mia testa insieme ad un indefinito senso di colpa...
Perchè mai dovrei sentirmi in colpa? sono sempre stata la classica ragazza perfetta, mi sono sempre trattenuta, mai un accesso di rabbia, mai una follia: per una volta ho seguito il mio istinto, la mia brutalità, e l'ho sfogata. Dopo la maledetta giornata di ieri, la frustrazione, la rabbia, il senso d'impotenza: avevo bisogno di sfogarmi, ero pericolosa. In fondo ho solo fatto avverare un mio desiderio, uno solo in tutta una vita: non è tanto.
Finalmente mi posso concedere un poco di riposo, sono solo le 3 e prima delle 15 i miei non torneranno a casa. Le mie ultime 12 ore di pace, di solitudine e soddisfazione, e, per una volta, di sonni tranquilli.
Un campanello troppo squillante, dal volume assordante, mi riporta alla realtà. Perchè i citofoni fanno così tanto rumore? Perchè suonano quando dormo? Quasi, quasi scendo così come sono, tanto dormo in tuta.
Ma chi può essere? Che ore sono? Io dormivo, accidenti! Guardo l'orologio attraverso la fessura delle palbebre ancora addormentate: ora di pranzo. Ma chi sarà mai? I miei di sicuro no, non arrivano prima di un paio d'ore.
Dal video del citofono mi appare la faccia di un uomo, avrà quarant'anni, non di più.
Chissà chi è: sembra una faccia pulita, ma non mi fido.
“sì?”
“Buongiorno, sono Pietro Morari della Polizia, dovrei parlarle”
“'ngiorno, arrivo.”
Non mi fido, quasi quasi apro solo il cancello grande.
Entra in maniera educata, rispettosa: appoggia il cancello, non lo sbatte. Mi guarda e sorride: avrà capito che non mi fido.
“Buongiorno, posso esserle utile?”
Mi porge una specie di tesserina: la sua foto, un volto imbarazzato e instupidito da una posa innaturale, fermo a parecchi anni in meno e capelli in più.
Lo faccio entrare, mi son sempre stati simpatici i poliziotti, chissà perchè.
“Posso offrirle un caffè?”
“No, grazie. Dovrei solo chiederle un paio di cose.”
“Prego, mi dica. Se posso esserle utile...”
Mi porge una fotocopia stropicciata e sgualcita di una foto. Il foglio è ridotto male ma mi basta per riconoscere gli occhi scuri, quasi senza fondo, e la barba millenaria dell'omino del tempo.
“Lo conosce?”
“Ci siamo incontrati un paio di volte. Passava qui davanti per andare a casa. Non so molto altro di lui però: non so nemmeno il suo nome.”
“Si chiama Fabrizio Tempo, non ha una casa, tantomeno qui vicino”
Un brivido mi percorre la schiena: niente casa? e quindi? perchè mi seguiva tra le vigne?
“Ma guardi, son sicura: me l'ha detto lui l'altro giorno. Ha detto di abitare qui vicino, a circa venti minuti passando dalle vigne”
“è stato trovato un completo grigio in un casolare qui vicino, questo lo spiegherebbe. Lo sanno esaminando.”
“Ma perchè? Gli è successo qualcosa di male?”
“più che altro ha fatto succedere qualcosa”
“mi scusi?”
“ha capito bene. Da quanto mi risulta lei conosce anche il professore Xxx Xxx.”
“Sì, è un mio docente, devo dare un esame con lui.”
“Ridare.”
E tu che ne sai? c'era bisogno di girare il coltello nella piaga?
Ah, sì, giusto, sei un poliziotto. è il tuo mestiere. Perdonato.
“Sì, non vedo la differenza.”
“Beh, non lo darà più con lui”
“ Scusi? Non capisco”
“Abbiamo fermato stamattina il suo amico, Fabrizio Tempo, mentre lo stava letteralmente macellando”
Un brivido, freddo, tra le scapole e una fitta, profonda feroce allo stomaco. Il respiro si blocca, il poliziotto mi sembra sempre più lontano, la sua voce non la sento neppure più.
Mi riprendo e mi trovo stesa sul selciato, il mio cane che mi siede accanto e ringhia al poliziotto. Mi alzo appena con la testa, ma mi sembra pesantissima. Tento di capire.
Il cane mi vede sveglia e si tranquillizza, la mando seduta in cuccia. Obbedisce, fedele ma guardinga. Pietro si avvicina, mi porge un poco d'acqua.
“Il suo cane la difende benissimo”
“Il mio cane è l'unico su cui posso contare.”
Bevo. Appena ho buttato giù un sorso mi mette una foto sotto al naso: una parete macchiata di schizzi di sangue, una manata al centro, sopra una macchia a cono che finisce in una pozza sul pavimento.
Uguale identica alla mia taverna stanotte.
Non riesco nemmeno a girarmi. Pietro mi prende appena in tempo perchè non sbatta la testa. Il cane questa volta non si muove. Ora si fida.
Non perdo conoscenza stavolta.
“Mi aiuterebbe ad entrare in casa?”
“Sì, credo che sia meglio. Non mi azzanna vero?”
“No, di solito mangia solo bambini.” Sorrido, ma sono stanca. Alzarsi è una fatica senza pari: mi sembra di pesare come una montagna.
“Si sente meglio?”
“Sì, finchè non mi ricorda che la persona che mi seguiva nelle vigne è in realtà un macellaio d'uomini”
“No, non si preoccupi. Mi basta sapere quando l'ha visto l'ultima volta.”
“Questa notte, verso le 1.30. Stavo portando fuori il cane”
“Bene, mi basta così: diceva che lei aveva molte spiegazioni per l'accaduto.”
“Non capisco cosa vuol dire.”
“Nulla, credevo avesse lei come alibi, ma l'omicidio è avvenuto alle 3 e noi l'abbiamo preso alle 5. Lei l'ha visto prima che facesse questo scempio. Non ha null'altro da dirmi?”
“A parte il fatto che il professore Xxx Xxx mi aveva bocciato due giorni fa?”
“Questo lo so già, grazie. Ma ho già chiesto in giro e pare che lei sia solo l'ultima di una lunga serie.”
“E che l'assassino mi seguiva nelle vigne?”
“Anche questa è una cosa abbastanza comune: aveva già un paio di denunce per tentata molestia. In realtà in tutti i casi si è scoperto che gli piacevano i cani, non le padrone”
“Non so cos'altro dirle”
“Magari il suo numero di telefono?” ha un bel sorriso finchè lo dice: sarebbe un bel viso da ritrarre.
“Sì, glielo lascio volentieri.”
Mi lascia finalmente dormire.
Mi sveglio nel momento in cui mia madre apre il portone d'ingresso.
“Ciao”
“Come è andato il week end in Piemonte?”
“Bene bene! Abbiamo preso un sacco di vino... Se mi aiuti a mettere le bottiglie in cantina ti racconto”
Ma perchè proprio in cantina?
Speriamo la tinta si sia asciugata...
Ci avviciniamo agli scaffali, un po' l'odore di pittura si sente ancora.
“Hai dipinto finchè eravamo via?”
“No, no. Ho solo fatto un po' di miscele nuove di colori.”
“E con che ingrediente strano li hai fatti stavolta? erbe? oro? uovo?”
“Niente di speciale”
Sapessi mamma: è sangue.

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